02 novembre, 2015

Giorgio Patrizi su Caterina Davinio, Sensibìlia, Ladolfi Editore, 2015

Come raccontare i sensi
Giorgio Patrizi su Caterina Davinio, Sensibìlia, Ladolfi Editore, 2015
Caterina Davinio è un'intellettuale che ci ha abituato a frequentazioni di spazi e prospettive che caratterizzano la creatività artistica e letteraria in questa fase complessa e confusa di un neomodernismo tecnologicamente avanzato e molto problematico. È artista indagatrice delle possibilità espressive che ruotano attorno alla necessità di rinnovare sia i linguaggi estetici della tradizione, sia le voci che emergono dalla pratica creativa delle risorse informatiche. Processi che richiedono curiosità intellettuali e intelligenza attenta al mondo che emerge da una nuova, per molte conseguenze ancora inedita, "civiltà delle macchine".
In questo contesto incrocio di ricerca, sperimentazione, libera invenzione Davinio decide di allestire un sistema espressivo-narrativo di non comune qualità ed originalità: Sensibìlia appare allora come l'esito di una intrigante scommessa, che mette in gioco la possibilità stessa di raccontare e di costruire i personaggi. Al centro della narrazione, come dal titolo evocativo, i sensi, i canali della conoscenza e della espressione, i veicoli del rapporto interno-esterno, mondo-soggetto. I sensi come agenti della corporeità più vitale, strumenti-voci della materia, non più "materia di cui sono fatti i sogni", ma materia concreta, solida, per questo in fondo disperante, con cui fare i conti nella quotidianità più banale, nella remissività più indifesa. La protagonista di Sensibìlia, Luna, pseudonimo dietro cui si cela il nome più dimesso di Carmela (ad instaurare subito, nel modo più canonico, un centrale sdoppiamento di identità: sessuale, più che anagrafica, come un Pirandello del XXI secolo), gestisce una frenesia dei sensi come l'unica strada per appropriarsi di una dimensione altrove, dove la destinano due passioni, entrambe identitarie: quella sessuale, come si è detto, spinta irrefrenabile verso il riconoscimento della propria vita nei sensi. E quella musicale: il Mozart, tanto cercato nei dischi che lo riproducono, nel tranquillo incipit del romanzo, quanto personaggio inquietante nell'explicit, quando accompagna, con l'aria del Don Giovanni, "Là ci darem la mano", Luna nella sua ultima immaginazione, che è in realtà una maniera esorcizzante di pensare, di affrontare la morte.
Due passioni il sesso e la musica che incardinano, nei linguaggi diversissimi che sono loro propri, la vicenda ossessiva di Carmela, esaltata, ridotta a Luna. Rivela a se stessa la indicibile devozione ad una sessualità perversa, che non finisce di accompagnarla in un degrado che vuole essere atto d'amore per X, personaggio pura voce e ruolo incognita, appunto "x" senza altro nome o identità che non sia quella che si oppone alle frenesie oblative di Luna, scatenandole, schivandole, con una impotente e tragica incapacità di coglierne la richiesta anch'essa drammatica di vita.
Tutto il repertorio del gioco sessuale violenza, voyerismo, scambismo è convocato per consentire l'abiezione della donna che è prigioniera di questa ricerca non tanto del proprio piacere, ma della sottomissione alla ricerca del piacere altrui. Il locale di Red è un luogo mitizzato odiato/amato in cui si consuma il rito della depravazione. Ricerca di sesso, nel tentativo di rifiutare, superare il confronto con X, ma anche ribadire la tensione verso di lui, l'affermazione, paradossale quanto autentica, di amore, irragionevole, ma per questo crudamente reale.
La narrazione della Davinio si esercita con perizia sulle svolte che articolano questa vicenda d'amore e di solitudine, come emerge con forza dalla pagina finale, in cui l'affollarsi delle visioni, nella condizione di coma, si scioglie nel desolato riconoscimento della propria solitudine, approdo spietato, inesorabile, dell'affollarsi di passioni che il romanzo ha via via raccontato.
Il mondo dei sensi, colto nella sua più empirica oggettività, nel romanzo di Davinio, pur centrale nella ricostruzione del mondo dei rapporti e delle dinamiche interpersonali, non sembra però esaurire il contesto delle vicende che intrigano Luna e i personaggi che le ruotano attorno. Ad un tratto, ad esempio, a sintetizzare l'icona di un senso che domina in modo surreale il quotidiano della protagonista, si stagliano, sul cielo di questa, due narici, sapute sentenziose, che rivendicano l'importanza della loro fisiognomica e fisiologia dinanzi ad altri sensi sfrenati. In un momento di surrealtà, insieme inquietante e divertente, in cui l'organo olfattivo si scompone con un gusto grottesco che rimanda ai meccanismi dell'inconscio e dei suoi "teatrini" emerge tutta la profondità di osservazione e di analisi di una scrittrice che sa bene come gestire e rappresentare immaginazioni, fantasmi, utopie. Di queste presenze fantasmatiche Sensibìlia è ricco, intriso di una inquietudine esistenziale che non è solo patrimonio di Luna, ma che attraversa tutti i personaggi: anche, ad esempio, il transessuale Birgitte, o il saggio-padre Luxemburg, che dopo aver gestito con grande accortezza la border-line Luna, finirà per compiere un delitto, per amore suo.
Sensibìlia è un romanzo d'amore in fondo, ma come lo si può concepire nell'epoca del digitale e del virtuale. L'innamoramento per X da parte di Carmela avviene attraverso una parete, dietro cui il fascino perverso dell'incognito si può scatenare senza corpo, ma con un corpo veicolato poi da una voce che acquista via via spazio e potere. Questa voce, divenuta la voce narrante, filtra, dà forma a tutte le esperienze corporee raccontate. Testimonia come e quanto il corpo possa riconoscersi nella parola, nella forma della parola. È da questa dialettica che nasce la sensualità ossessiva di Luna, di X e del loro racconto. La struttura circolare della narrazione è perfetta per la messa in scena di una ricerca d'amore che si svolge tra la fisicità e l'aleatorietà della voce. Nella fantasia terminale, X dà la voce all'aria mozartiana, i fantasmi giocano con il loro corpo, appunto, fantasmatico. E l'ultima parola riprecipita però, tutto e tutti, nella coscienza che la fine del racconto è il riconoscimento della fine dei dialoghi e, forse, nella solitudine, la fine della possibilità del racconto.
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Giorgio Patrizi è Professore Ordinario di Letteratura italiana presso l'Università degli Studi del Molise e autore di importanti saggi sulla letteratura del secondo Ottocento e del Novecento, tra cui Gadda, Salerno Editrice, vincitore del Premio Flaiano 2015. Ha svolto a lungo attività di ricerca e didattica all'Università di Roma "La Sapienza" ed è stato visiting professor in numerose università straniere (Berlino, Gand, Parigi VIII, Szeged – Ungheria – Rio de Janeiro, Edimburgo, Madrid, Washington e altre). Collabora a quotidiani e ai programmi culturali Rai. 
Caterina Davinio, scrittrice, poetessa e artista multimediale, dopo la laurea in lettere ha svolto attività espositiva, convegnistica e curatoriale in centinaia di mostre in Europa, Asia, Americhe, Australia, tra queste sette edizioni della Biennale di Venezia, le Biennali di Sydney, di Lione, di Atene, Manifesta, e molte altre. Una dei pionieri della poesia digitale è la fondatrice della net-poetry italiana. Sue opere poetiche e saggistiche sono tradotte in inglese. Fra le numerose pubblicazioni, i romanzi: Còlor còlor e Il sofà sui binari; i saggi: Tecno-Poesia e realtà virtuali e Virtual Mercury House; i pluripremiati volumi di poesia: Fenomenologie seriali, Il libro dell'oppio, Aspettando la fine del mondo, e Fatti deprecabili.