19 dicembre, 2012

Alberto Mori su Aspettando la fine del mondo, di Caterina Davinio, Fermenti, Roma 2012.

 Alcune riflessioni si Alberto Mori su: Caterina Davinio, Aspettando la fine del mondo, Fermenti, Roma 2012.

Andare intrattenuto, con la fine nello stesso cammino ineluttabile.

I passi frementi e sofferti per quel poco di verità che si intravvede con le gambe deboli e l'oblio incalzante davanti al nulla.

Aspettando La Fine Del Mondo è meditazione in commiato mistico. Un avvitarsi attraverso

parole e cose postume, lasciate dall'altra parte della notte. A decanto dell'aere psichedelico del rave.

Ti saluto, riva sterminata di notte/ agitando le braccia/ come uno sciamano del mare.

Per raggiungere una fusione cosmica di tempo e spazio attraverso il corpo, nel luogo dove attendere la fine del mondo, mentre la poetessa arde in sequenze rimbaudiane infuocate, con montaggio stridente e raffredante di opposizioni linguistiche:

ombre nude. Ci massacrò con la sua carezza.

Intanto tutto si muove.

L'esperienza si libera alla luce della profezia e la storia finisce / sempre dopo la fine.

Aspettando La Fine Del Mondo non è comunque libro millenarista ed apocalittico. Si lascia semplicemente tutto alle spalle per liberarsi d'ogni fardello culturale ed è piuttosto segno che può far balenare alla mente del lettore le immagini antiche del pubblico mentre abbandona i grandi raduni rock fine anni '60, ad inizio simbolico di un crepuscolo generazionale, con la mestizia ancora catartica del concerto sui volti e nei corpi smobilatanti. Questo segno Caterina Davinio lo rende saggezza, incisa con elevazione e perdimento, sull'anima fiera e gemente.

L'attesa di questi versi è presa diretta del dubbio ed anche il reality che è sempre presente nella realtà. La geografia sconosciuta di un non luogo che il corpo del verso

porta/supporta/sopporta nella progressione del vivente.

Cammino nel nulla e sono raggiante e vivo.

Questo verso lo si può prendere ad esergo per creare un piano sequenza molto efficace.

La spiaggia con sfondo afocus. Il primo piano in apertura lenta controluce prima di lasciare il quadro visivo al suono off dell'onda.

Il libro di Caterina Davino scritto in mezzo alla polvere, alla rabbia, all'ingiustizia, alla guerra, pone in un passaggio la figura dell'adolescente, del puer aeternus, ad illuminare la bellezza del mondo e quando svanisce e Dio e la Poesia sono morti, la mente si assorbe: resta l'ascolto liberato dal suo stesso naufragio e da quello epocale.

Allora il poeta porge questa cristalleria d'infinito infranta dai suoni come veglia sonora da tramandare dai suoi sensi per spingere sempre oltre i nostri possibili approdi al silenzio del senso. Alla sua ricomposizione.

Dicembre 2012                      Alberto Mori